Il Tribunale di Brescia si pronuncia sull'efficacia esecutiva del capo condannatorio della sentenza che accoglie l'azione revocatoria fallimentare

04 settembre 2018

Con ordinanza del 23.08.2018, il Tribunale di Brescia (Giudice dell’esecuzione Dott. Marco Calli) ha riconosciuto l’efficacia esecutiva, ai sensi dell’art.282 c.p.c., della pronuncia di condanna alla restituzione di somme di denaro ricevute in forza di un atto revocato ex art.67 L.F. (nel caso concreto, il Giudice ha rigettato l’istanza di sospensione dell’esecuzione).

La decisione è conforme al prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui il capo condannatorio della sentenza è legato alla pronuncia di accertamento costitutivo da un nesso di mera dipendenza e non di sinallagmaticità, con la conseguenza che tale statuizione deve considerarsi provvisoriamente esecutiva, in conformità al principio generale espresso dall’art.282 c.p.c.

In particolare, la Suprema Corte ha precisato che “il nesso tra la statuizione condannatoria e l’accertamento costitutivo si presenta come di mera dipendenza: la condanna alla restituzione delle somme ricevute con gli atti solutori dichiarati inefficaci […]dipende dall'accertamento circa la sussistenza, o non, del titolo in base al quale tali somme sono state acquisite, ma non è in un rapporto di stretta sinallagmaticità tra i due capi, quale quello sopra descritto. Ne deriva di necessità la conclusione che la anticipazione degli effetti esecutivi di tale capo condannatorio - cioè l'adeguamento della realtà materiale al decisum - non è nella specie incompatibile con la produzione dell'effetto costitutivo al momento successivo del passaggio in giudicato.Né - contrariamente a quanto argomentato dal ricorrente nella memoria difensiva- tale anticipazione, ai fini esecutivi, degli effetti della sentenza di accoglimento dell'azione revocatoria appare inconciliabile con la disciplina del fallimento, che al contrario consente un efficace contemperamento, pur nei limiti della concorsualità, delle rispettive esigenze di tutela sia del credito restitutorio della massa verso l'accipiens, sia del credito di quest'ultimo verso il fallito, estinto dall'atto dichiarato inefficace nei confronti della massa. Sotto il primo profilo, le somme che l'accipiens restituisca alla curatela in ottemperanza, spontanea o coatta, alla sentenza di primo grado non ancora passata in giudicato non sono distribuibili (dovendo essere trattenute e depositate nei modi stabiliti dal g.d.), atteso il disposto della L. Fall., art. 113, u.c., introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2006, che ha reso cogente una regola di condotta invero già praticata dagli uffici fallimentari(Cass. Civ., Sez. I, 29.07.2011, n.16737; nello stesso senso anche la giurisprudenza di merito: Corte d’Appello di Milano, 12.05.2011; Tribunale di Genova, 05.11.2014; Tribunale di Brescia, 21.10.2016; tutte in pluris-cedam.utetgiuridica.it).

Testo dell'ordinanza

 

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